Non accennano a fermarsi le proteste che da ormai due settimane infiammano la popolazione bulgara, a denuncia della corruzione del governo nazionale.
Da ormai oltre due settimane decine di migliaia di persone si riversano nelle piazze delle maggiori città bulgare per manifestare il proprio malcontento nei confronti del Governo, accusato di corruzione. Stando ai dati della Transparency International, la Bulgaria è il primo paese in Europa per percezione della corruzione non solo a livello politico, ma anche relativo alle attività pubbliche ed economiche. Inoltre, il rapporto del Center for the Study of Democracy di Sofia ha registrato che circa il 35% dei contratti per appalti pubblici vengono assegnati attraverso tangenti ed accordi. Questo generale clima di corruzione costa al Paese oltre 11 miliardi di euro l’anno.
Un ulteriore elemento di criticità è dato dalla difficile coabitazione istituzionale tra il Presidente della Repubblica Rumen Radev, proveniente dal centrosinistra, e il Primo Ministro di centrodestra Boyko Borisov, da tempo nel mirino dei manifestanti – spesso supportati dal Presidente – che lo accusano di corruzione. La Commissione Europea ha inoltre previsto che quest’anno, a causa delle attuali difficoltà legate alla pandemia da COVID-19, la Bulgaria vedrà il suo PIL ridotto del 7%, con una probabile amplificazione del malcontento dei cittadini.
Le proteste sono iniziate intorno al 14 maggio, durante una manifestazione organizzata dal partito nazionalista filo-russo Vazrazhdane (Rinascita) nella Piazza del Parlamento a Sofia. In quell’occasione, oltre 2000 militanti del Partito hanno criticato la cattiva gestione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 messa in atto dal Governo, sottolineandone la tendenza a diffondere informazioni non accurate e confusionarie. Durante la protesta, i manifestanti hanno inoltre richiesto le dimissioni di alcuni membri del Governo, indicandoli con l’appellativo di “mafiosi”. Lo stesso Presidente della Bulgaria, Rumen Radev, aveva espresso, all’inizio della pandemia, perplessità circa le scelte di Governo sulla gestione dell’emergenza, a suo avviso eccessive ed in grado di causare ansia nei cittadini, amplificando il tema della carenza di dispositivi medico-sanitari.
Le manifestazioni sono riprese intorno al 7 luglio, a causa di un video denuncia postato su Facebook dal leader di opposizione Hristo Ivanov. Nel video, diventato virale, lo stesso Ivanov cerca di sbarcare da una piccola imbarcazione su un tratto di costa del Mar Nero di proprietà pubblica, ma viene bloccato da ufficiali del Servizio di Protezione nazionale (NSO) in borghese, a guardia della villa di Ahmed Dogan, politico e uomo d’affari molto vicino al Premier Borisov. Gli agenti hanno quindi dichiarato che quel tratto di costa è ufficiosamente riservato ad uso personale di Dogan, e che l’accesso non è consentito. Nel video, Ivanov accusa il Governo di Borisov di aver utilizzato una proprietà pubblica ed il denaro dei contribuenti per la sicurezza di un uomo che non occupa alcun incarico formale. Per la cittadinanza, l’episodio ha rappresentato la prova del crescente potere degli oligarchi bulgari, il progressivo decadimento dei valori democratici e, in particolare, l’incapacità delle istituzioni di operare una risposta concreta al tema della corruzione.
Le tensioni si sono acuite il 9 luglio, quando la Procura ha condotto un raid negli uffici presidenziali di Radev, arrestando due membri dello staff del Presidente. Di fatto, l’opinione pubblica ha interpretato l’episodio come una ritorsione per le critiche mosse verso il Premier, trasformando l’indignazione in proteste di piazza per la richiesta delle dimissioni del Governo. Da parte sua, il Presidente ha appoggiato le manifestazioni, parlando pubblicamente di “un Governo con carattere mafioso”.
Negli ultimi giorni sono stati diffusi in rete una serie di video e immagini – sulla cui veridicità si sono pronunciati anche dall’FBI – ritraenti sia funzionari del Governo che lo stesso Premier in atteggiamenti imbarazzanti, circondati da mazzette di denaro, armi e lingotti d’oro. Borisov ha pubblicamente negato la loro veridicità annunciando, nel tentativo di placare gli animi, un rimpasto di Governo che dovrebbe riguardare i Ministeri di Finanze, Interni ed Economia.
Il 13 luglio, in risposta al prolungarsi delle manifestazioni, l’ambasciata americana a Sofia ha rilasciato una dichiarazione a sostegno del popolo bulgaro nella sua richiesta di maggior tutela e promozione dello stato di diritto e della democrazia. Il tono generale del documento si pone in contrasto con quello cauto utilizzato invece dalle istituzioni europee, forse impensierite dal rischio di nuovi sentimenti euroscettici che negli ultimi mesi hanno interessato Polonia e Ungheria.
Nella giornata di mercoledì 22 luglio il Parlamento ha respinto la mozione di sfiducia al Governo presentata contro Borisov, aggiungendo ulteriore fuoco alle proteste che non accennano a placarsi. Questa ritrovata energia nei manifestanti ha dato vita a quella che la stampa ha prontamente battezzato come la Primavera di Sofia. Il Premier, nel tentativo di rispondere alle accuse di corruzione del suo Governo, ha rivendicato l’ingresso della Bulgaria nel meccanismo di adesione all’area euro, sottolineando la delicatezza del momento storico per l’economia bulgara. A tal proposito ha quindi dichiarato la relativa impossibilità di lasciare la carica, definendosi come l’unico in grado di guidare il Paese.
Di certo, le attuali proteste non sono un tema nuovo per la Bulgaria: manifestazioni di malcontento interessano ciclicamente il Paese, indipendentemente dal colore di Governo. Già nel 2013 e 2014 i movimenti di protesta avevano rovesciato i governi in carica, suggerendo a molti che questo passato possa ripetersi nello scenario attuale. Di fatto, dal suo ingresso nell’Unione Europea, la Bulgaria non ha saputo proporre una strategia di contrasto al fenomeno della corruzione, lasciando che questo si espandesse, contagiando altri strati del sistema politico, fino a raggiungere anche le stesse forze di sicurezza. Questo vortice di tangenti, clientelismo e manipolazione delle istituzioni sta facendo precipitare la Bulgaria in un clima di quasi-dittatura, provocando non solo dei malfunzionamenti a livello si amministrazione pubblica, ma anche una crescente emigrazione e il progressivo smantellamento dello stato di diritto. Tuttavia l’attuale situazione non ha ancora raggiunto il punto di instabilità tale da prevedere l’anticipazione delle elezioni, fissate per il 2021.
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