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Il Mercato Halal: dove l’innovazione incontra la tradizione

Il mercato halal non arresta la sua crescita: quali strategie mettere in campo per rispondere alle sfide e opportunità imprenditoriali che offre?



Il mercato halal

Se si esclude il settore della finanza islamica, il mercato halal globale raggiunge un valore di 2,3 trilioni di dollari, con un tasso annuo di crescita di circa il 20%, confermandosi uno dei segmenti di consumo mondiale maggiormente positivo. L’industria halal non rappresenta più solo il mercato dei prodotti alimentari, ma si estende ai settori di cosmetica, farmaceutica, marketing, logistica e packaging, turismo e ospitalità, fashion e lusso. Tale sviluppo è da ricondursi principalmente alle nuove generazioni di credenti musulmani ed al loro approccio al consumo. Istruiti, benestanti, informati su prodotti ed ingredienti, sensibili all’etica musulmana, i giovani fedeli prediligono brand halal, portatori di valori come sostenibilità e tutela animale. Il loro stile di vita permette la coesistenza di modelli moderni, sempre più interconnessi e di respiro globale, con le tradizioni del mondo islamico, stimolando la domanda per prodotti e servizi conformi alla Sharia. Ma facciamo un passo indietro.

Il termine halal in arabo significa “lecito” ed identifica i comportamenti conformi alla dottrina islamica, in contrasto con il termine haram che invece indica quelli proibiti. Esso viene spesso associato al settore alimentare, dove è utilizzato per indicare quei prodotti che non contengono carne di suino ed alcol, o che sono stati macellati secondo il rituale islamico.

È importante sottolineare che i prodotti alimentari halal riguardano anche il settore dolciario, le conserve ed il surgelato, i latticini, i prodotti a marchio biologico e – come conseguenza del nuovo stile di vita dei giovani musulmani – dei cibi preparati e d’asporto. Le nuove tecnologie hanno inoltre permesso di rendere halal quei prodotti che tradizionalmente non potevano esserlo a causa di tracce di alcol o gelatina di maiale, sia in ambito alimentare che farmaceutico e cosmetico.

Purtroppo non sempre queste pratiche vengono rispettate dai produttori, e la tracciabilità delle materie prime risulta compromessa. Questo problema ha dato vita a numerosi organi di certificazione halal, ma ad oggi non esiste ancora un piano di regolazione uniforme o un organo di certificazione in grado di coordinare gli altri, assicurando il valore di tali certificazioni. In Europa si sono inoltre verificati casi di frodi relative alle certificazioni halal, minando la fiducia dei consumatori musulmani nei confronti di prodotti e servizi provenienti da paesi non tradizionalmente islamici.


Blockchain e digitalizzazione

L’impatto innovativo della tecnologia blockchain ha reso la sua applicazione rapidamente rilevante non solo nel settore finanziario, ma in numerosi altri ambiti. Sebbene le pratiche principali collegate a questa tecnologia siano ancora in fase evolutiva, le sue potenzialità sono innegabili. La rivoluzione blockchain legata al mondo bitcoin e criptovalute, infatti, non è che un singolo aspetto delle tante possibilità che essa ha da offrire. Semplificando, è possibile considerare la blockchain come un registro digitale di voci, raggruppate in blocchi, la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia e dalla natura distribuita della tecnologia stessa, che grazie alla rete permette di inserire informazioni e transazioni all’interno di un registro distribuito, validate dagli altri partecipanti e rese pubbliche. Ciò garantisce non solo l’aumento del flusso informativo su un determinato prodotto, ma anche sicurezza, autenticazione e trasparenza dei vari passaggi.

La tecnologia blockchain rappresenta quindi un elemento strategico per il mercato halal. Attraverso la sua applicazione le operazioni commerciali e finanziarie potranno godere di un certo grado di certezza, superando così il divieto sciaraitico di gharar (incertezza). Inoltre, la controllabilità dei passaggi impedisce un’eccessiva speculazione nei contratti stabiliti tra le parti, evitando anche il divieto di maysir (speculazione).

Attraverso la tecnologia blockchain è quindi possibile incrementare il grado di fiducia dei consumatori musulmani nei confronti di quei prodotti – principalmente relativi ai settori dell’agroalimentare e cosmetica – provenienti da paesi non tipicamente musulmani. Infatti, la blockchain ben soddisfa quelle caratteristiche di tracciabilità e trasparenza necessarie a garantire la qualità halal non solo delle materie prime, dei processi produttivi e di supply chain, ma anche della sostenibilità alimentare. L’utilizzo della blockchain, infatti, offre una concreta soluzione al problema di veridicità del prodotto halal attraverso un’analisi d’integrità svolta dai diversi attori della filiera produttiva, permettendo inoltre al consumatore di avere accesso a informazioni real-time sui prodotti che desidera acquistare.

Infine, l’applicazione di questa tecnologia alla catena di approvvigionamento alimentare può essere cruciale per combattere lo spreco alimentare, riducendo costi ed emissioni di carbonio. Di fatto, nel mondo musulmano il tema dello spreco alimentare è estremamente rilevante: si stima che negli Emirati Arabi Uniti ogni persona produca uno scarto pari a 197 kg l’anno, quasi il doppio di quello europeo, con un picco nel periodo di Ramadan. In risposta a questo tema, il settore hotellerie degli Emirati sta cercando di adottare soluzioni di razionalizzazione, avvalendosi del supporto di app in grado di rivendere i prodotti non consumati. Sono stati inoltre introdotti sistemi informatici in grado di identificare e riciclare i rifiuti alimentari, trasformandoli in materiale compostabile fertilizzante destinato a fattorie e aree verdi.


Il Made in Italy halal

Ad oggi il mercato halal italiano è composto da 4 milioni di consumatori musulmani, per un valore di circa 5 miliardi di dollari, destinato ad una forte espansione. Sebbene l’Italia, storica eccellenza dei settori moda, turismo e agroalimentare, possieda tutte le caratteristiche per proporsi come paese di riferimento in questo mercato, il suo impegno è ancora in una fase iniziale.

Alcuni progetti sperimentali riguardano il settore del turismo, come il Puglia halal tour o il Sicilia Muslim-friendly tour, due pacchetti orientati alla valorizzazione dei tesori del sud Italia, nel pieno rispetto delle esigenze dei fedeli musulmani. La pandemia da COVID-19 ha rappresentato un freno per queste iniziative, ma stando alle stime del Global Muslim Travel index entro il 2026 il numero di turisti musulmani nel mondo crescerà fino a 230 milioni, per un fatturato totale di circa 300 miliardi di dollari. La strategia per confermare la competitività italiana nel settore del turismo e dell’accoglienza si basa interamente sulla conoscenza della cultura islamica e, conseguentemente, sui servizi che questa nuova generazione di consumatori richiede. Questo si lega all’imprescindibile investimento nei settori collegati come quello agroalimentare, di ristorazione ed intrattenimento, del lusso, della cosmetica etc. dando un forte impulso allo sviluppo del paese.

Di certo, le prospettive di sviluppo sono interessanti e permettono di guardare con fiducia ad una crescita del tessuto industriale italiano ed alle numerose opportunità di accesso a nuovi mercati internazionali. Di fatto, anche l’export nel mondo islamico è sempre più rilevante e la certificazione halal, unita al marchio made in Italy rappresenta un’ottima qualifica per approcciare mercati emergenti, dando nuovo stimolo al processo di internazionalizzazione italiana.


Un’opportunità da cogliere

Secondo una ricerca dell’Africa Islam Economic Foundation, la comunità musulmana europea dovrebbe aumentare fino a 58,2 milioni nel 2030, alimentando la domanda di prodotti e servizi halal sia tradizionali che innovativi e dai livelli qualitativi sempre più alti. Ma il mercato halal potrebbe rivolgersi anche a consumatori non-musulmani, interessati principalmente ai valori di social responsibility, investimenti etici, sostenibilità, benessere animale, giustizia economica e sociale, promossi dal modello islamico. Questa nuova forza di mercato avvalora la necessità di vedere l’industria halal come una scelta sempre più legata al consumo consapevole, orientato alla qualità dei prodotti e ad uno specifico stile di vita. Di fatti, sebbene la crescita dei consumi di cibo halal sia stimata intorno al 16% annuo, a questi dati va aggiunta la crescente tendenza al consumo di prodotti considerati etici e sicuri. Ad esempio, nel Regno Unito si contano 2 milioni di musulmani, ma 6 milioni di consumatori di carne halal. La combinazione di questi due target di mercato – fedeli e non – genera prospettive interessanti per futuri investimenti.


Di certo, è prioritario risolvere i limiti legati al sistema di certificazione, superando anche le differenti interpretazioni relative ai metodi di produzione consentiti dalla Sharia. È inoltre strategico investire nel capitale umano, attraverso una formazione specifica ed in grado di rispondere alle esigenze e sfide del mercato halal. Di fatto, la carenza di professionisti, in grado di approcciarsi alla cultura islamica e alle sue tradizioni, rappresenta una sfida prioritaria. Il mercato halal necessita, allo stesso tempo, di figure in grado di anticipare i trend globali, adattandoli e trasformandoli in prodotti e servizi Sharia compliant.


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